LA PRIGIONIA DI SILVIA ROMANO

 Maggio 2020
 

Silvia Romano è stata rilasciata dopo 18 mesi di prigionia, l’accoglienza che le è stata riservata e il suo abbigliamento hanno creato infinite controversie e prese di posizione, anche violente

Ma non si arriva a niente con tutto questo, servirà solo a rinfocolare rabbia e aggressività tra tutti coloro che stanno male ed hanno problemi di sopravvivenza. 0ccorre andare oltre e conoscere razionalmente perché è successo questo.

Da esperta di storia d’Africa e di volontariato posso dire che ci sono state delle enormi falle nella vicenda: la ragazza è giovane e qualcuno doveva indirizzarla e prepararla, prima fra tutti la famiglia che ora si arrabbia con l’associazione perché l’ha mandata allo sbaraglio. Quando si va in questi luoghi occorre conoscere lingua e tradizioni. Bisogna, inoltre, essere forniti di sicurezze sulle proprie capacità di sopportare delusioni e frustrazioni, senza questo si sta a casa finché non si matura e si acquisisce conoscenza.

Purtroppo l’idea romantica di andare ad aiutare bambini neri e affamati sta in tutte le nostre pubblicità di grandi organizzazioni, a partire dall’Unicef o Save the Children: i bambini stanno sempre morendo e sono malati e affamati, per loro chiedono soldi, ma non ci mostrano mai un bambino guarito e diventato grande che vive la sua vita normale; si noti poi che in queste immagini il bambino è nudo ma con un pannolino costosissimo, l’ultimo prodotto di multinazionali. Le mamme africane che hanno bisogno di questo tipo di aiuto mettono al bambino piccolo solo una maglietta e non il pannolino che a loro non serve.

Certo che i giovani come Silvia Romano sono affascinati da questo, inoltre posseggono un forte desiderio di dare e aiutare che è linfa vitale per loro, per fortuna! Inoltre hanno energie, fisiche e mentali che mancano a chi ha già fatto tanta esperienza e, se non può più andare di persona, può trasmettere le sue preziose conoscenze.

I ragazzi hanno bisogno di essere accompagnati addestrati a comportarsi con giustizia e non solo con l’immagine pietistica in cui gli africani (perché poi solo gli africani?) sono sempre dei minori da accudire, dei poveri.

Infine due parole su chi usa la violenza verbale e fisica per condannare Silvia Romano anche augurandole la morte. Chi sono? A cosa serve? Non può trattarsi solamente di una massa di ignoranti offesi dalla veste mussulmana e dalla conversione della ragazza; dietro questo ci sta la paura dell’entità Islam equiparato al terrorismo, il panico per le notizie elargite a piene mani, l’incapacità di valutare le conseguenze; quante volte è successo nelle grandi tragedie della storia, quante volte un individuo è stato usato come capro espiatorio per placare la propria angoscia? È possibile minacciare e perfino uccidere Silvia Romano e poi? Ovvio che non tutti la pensano così ma è pericoloso lasciare che queste idee prendano piede.

Ci sarebbe ancora molto da dire sulle istituzioni e per come hanno agito in queste circostanze, ma ciò riguarda aspetti globali che hanno toccato interessi e intrecci mondiali: l’uso delle materie prime di cui l’Africa è ricchissima, l’incapacità di gestire la cosa pubblica, la corruzione, le perdite umane e le risorse usate per le guerre in tutto il mondo; tutti aspetti che si possono spiegare e districare solo conoscendo la realtà, lavorando tutti e facendo ognuno la propria parte.

Paola Tiso

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www.paolatiso.com

 

La notizia ufficiale della liberazione (tratto da https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/silvia-romano-e-libera)-

11-5-2020

E’ rientrata in Italia dopo 18 mesi di prigionia, Silvia Romano, la volontaria dell’Ong Africa Milele rapita il 20 novembre 2018 in Kenya, nel villaggio di Chakama, 80 chilometri da Malindi. Il volto sorridente, coperta da una lunga tunica verde, Silvia è stata liberata sabato 9 maggio in una zona non lontana da Mogadiscio, con un’operazione dell’Aise, i servizi italiani di intelligence esterna, condotta in collaborazione con quelli turchi e somali. All’indomani del sequestro la polizia locale aveva ipotizzato che il rapimento fosse opera di criminali comuni, a scopo di estorsione, ma non aveva escluso la possibilità che la volontaria potesse essere portata oltre confine, in Somalia, per essere ceduta ai ribelli di Al-Shabaab, che controllano parti del territorio somalo. Nel novembre scorso, dall’arresto di tre dei responsabili del sequestro erano arrivate conferme di un trasferimento della ragazza nelle mani di un gruppo jihadista somalo. Da quel momento di Silvia Romano non si era saputo più nulla. Oggi, alcuni aspetti sulle circostanze della sua liberazione, sollevano interrogativi sui mutati equilibri geopolitici e strategici nel Corno d’Africa.

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